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TuttiAllOpera • Leggi argomento - Strumenti a corda/pizzicate : Arpa, Clavicembalo, Pianoforte
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Strumenti a corda/pizzicate : Arpa, Clavicembalo, Pianoforte

MessaggioInviato: 09/03/2011, 18:32
da Tuttiallopera

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Strumento musicale a pizzico, in cui il piano delle corde è perpendicolare a quello della tavola armonica. Le corde, parallele fra loro, sono tese fra la cassa armonica e la mensola.


La letteratura musicale, a partire dal XVI secolo, cominciò a richiedere un maggior numero di note rispetto a quelle che poteva emettere l'arpa a sette corde. Così si cominciarono a studiare strumenti con un maggior numero di note. Si aggiunse una seconda fila di corde, in modo da ottenere anche i suoni cromatici (arpa doppia o cromatica); fecero la loro comparsa gli uncini di intonazione, che potevano innalzare la nota di un semitono, e più tardi furono aggiunti pedali collegati agli stessi uncini, e in seguito a dischetti rotanti, che controllavano l'altezza delle note. Intorno al 1720 fu costruita la prima arpa a pedali, che consentiva di innalzare le note proprio di un semitono, permettendo di suonare in numerose tonalità. Questo modello fu poi sorpassato dall'arpa con pedaliera a doppio movimento inventata nel 1810 da Sébastien Erard a Parigi.

È costruita in legno e ha una forma triangolare: la parte che viene appoggiata alla spalla dell’esecutore è più spessa ed ha la funzione di cassa di risonanza. Le sue corde sono in genere 47, alcune delle quali per essere meglio riconoscibili sono colorate. È dotata di 7 pedali in grado di innalzare o di abbassare, di un tono o di un semitono ciascun dei 7 suoni della scala. È uno strumento che vanta origini antichissime e che ha subito varie trasformazioni. Strumento “angelico” per eccellenza, è adatto per creare momenti soffusi e delicati.






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Strumento a corde con tastiera, nel quale le corde vengono pizzicate per poter produrre il suono. Venne sviluppato a partire dal XIV secolo e, in misura più significativa, nel secolo successivo. La sua diffusione fu notevole fra il XVI e la fine del XVIII secolo, quando cedette il suo ruolo al pianoforte. Nel corso del XX secolo lo strumento è ritornato in auge, arricchito da un nuovo repertorio, anche grazie a una corretta esecuzione della letteratura a lui dedicata nei secoli passati. Il suono brillante e incisivo delle corde in metallo, pizzicate tramite la tastiera, dona grande chiarezza alle linee melodiche eseguite sullo strumento. Il clavicembalo è particolarmente efficace nelle composizioni contrappuntistiche, quando due o più linee melodiche vengono suonate simultaneamente. Un autore di grande rilievo in questo senso è senz'altro Johann Sebastian Bach, ma non vanno dimenticati anche numerosi autori suoi contemporanei, tra cui Domenico Scarlatti, Jean-Philippe Rameau e François Couperin.

Costruzione e meccanica

Il clavicembalo possiede usualmente una cassa a forma di ala, come i pianoforti a coda, ma più lunga e stretta. I clavicembali sono stati costruiti anche con altre morfologie, andando però in questo modo a formare altri tipi di strumenti: il virginale, più piccolo del clavicembalo e di forma oblunga; la spinetta, di forma poligonale e di dimensioni ridotte; e il meno diffuso clavicytherium, una sorta di clavicembalo verticale. Fra il XVI e il XIX secolo i termini spinetta e virginale sono stati utilizzati, impropriamente, come sinonimi. Tutti i clavicembali possiedono il medesimo sistema di meccanica per produrre il suono. A ogni corda, singola, corrisponde un tasto; un'estremità di quest'ultimo, rivolta verso l'esterno, viene premuta dall'esecutore, mentre l'altra estremità è collegata a un salterello, l'astina di legno alla cui sommità viene inserito un plettro. Quando preme il tasto, il salterello si solleva permettendo al plettro di pizzicare la corda. Il salterello è dotato di un sistema di scappamento grazie al quale nel percorso di discesa non pizzica nuovamente la corda. Poiché il volume sviluppato da una corda pizzicata in questo modo non varia aumentando la pressione sulla tastiera, nel corso del tempo sono stati sviluppati alcuni sistemi per ovviare alla limitazione. Molti clavicembali possiedono infatti almeno due file di corde, con due file corrispondenti di salterelli. Grazie a un sistema meccanico, il cosiddetto registro, è possibile utilizzare una o più file simultaneamente, aumentando o diminuendo conseguentemente l'intensità sonora. Una fila di corde può essere intonata un'ottava sopra rispetto alla fila di base: in questo caso è chiamata a quattro piedi, mentre la fila di base è definita a otto piedi. Alcuni clavicembali tedeschi del Settecento possiedono una fila di corde intonate un'ottava più grave rispetto all'otto piedi, e cioè a sedici piedi. I clavicembali possono inoltre possedere due tastiere, utilizzabili contemporaneamente o separatamente, aumentando così ancor più le possibilità espressive di timbro e di volume. Uno strumento tipico a due tastiere del Settecento possiede nella tastiera inferiore due registri, uno a otto e uno a quattro piedi, in quella superiore un registro a otto piedi e un meccanismo di controllo che permette alle tastiere di suonare unitamente.

Gli esordi

La scuola più antica di cembalari si sviluppò in Italia nel corso del XVI secolo. I clavicembali italiani differivano da quelli di altri paesi a causa degli spessori assai sottili di costruzione del corpo dello strumento, che contrastavano con le robuste casse all'interno delle quali gli strumenti venivano sistemati. Un'altra importante scuola di costruttori prese piede fra il XVI e il XVII secolo nelle Fiandre, e crebbe particolarmente intorno ai cembalari della famiglia Ruckers. Queste scuole furono i punti di riferimento fondamentali per le altre scuole nazionali, che si svilupparono nel corso del Settecento in Francia (con la famiglia Blanchet), in Germania (con la famiglia Hass) e in Inghilterra (con Jacob Kirckman). I clavicembali delle diverse scuole variano fra loro nelle proporzioni e in alcuni importanti dettagli, che determinano forti differenze di timbro.

Sviluppi recenti

Nel corso del XX secolo si svilupparono due diversi metodi di costruzione dei clavicembali. Il primo utilizza tecniche derivate dalla costruzione del pianoforte moderno. Questa impronta è evidente negli strumenti costruiti dalla ditta francese Pleyel, e fu incoraggiata da esecutori come la cembalista polacca Wanda Landowska. Questi clavicembali montano corde sottoposte a una tensione assai elevata e possiedono dunque corpi pesantemente rinforzati. Altri costruttori hanno invece seguito la strada della costruzione basata su principi storici, rispettando proporzioni, tecniche e strutture originarie, in modo da avvicinarsi il più possibile agli strumenti antichi. Uno dei pionieri in questo campo fu Arnold Dolmetsch, seguito pressoché subito dal tedesco Martin Skowroneck, a cui riuscì di costruire strumenti di nobile fattura, ma al tempo stesso leggeri e dotati di una proporzionata tensione delle corde.



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Strumento musicale a corde percosse mediante martelletti azionati da una tastiera. Pianoforte verticale, pianoforte le cui corde e la cui cassa armonica sono verticali. Pianoforte a coda, pianoforte le cui corde e la cui cassa armonica sono orizzontali. Pianoforte a mezza coda, pianoforte costruito come quello a coda, ma di dimensioni ridotte rispetto a quest'ultimo. Pianoforte meccanico, altro nome della pianola.
Pur essendo incluso nella categoria degli strumenti a corde percosse, il pianoforte ha avuto predecessori in quella a corde pizzicate, e, in genere, negli strumenti a tastiera non escluso l'organo. Il suo antenato diretto è però il clavicordo. La sua invenzione è dovuta a Bartolomeo Cristofori (il suo primo pianoforte, ritrovato nel 1968, reca incisa la data 1698) ed è testimoniata e descritta da Scipione Maffei sul Giornale de' letterati d'Italia nel 1711; è quindi indiscutibile la sua priorità rispetto a quelle del francese Marius (che nel 1716 presentò all'Accademia reale delle scienze di Parigi quattro clavicembali a martelli) e dei tedeschi C. G. Schröter (che nel 1721 presentò alla corte di Sassonia due strumenti inventati nel 1717) e G. Silbermann (che costruì nel 1726 due pianoforti la cui meccanica è molto simile a quella inventata dal Cristofori). I pianoforti di Silbermann, tuttavia, cominciarono a incontrare favore solo vent'anni più tardi, dopo aver raggiunto un notevole grado di perfezionamento della meccanica, e si diffusero ben presto sul mercato europeo. Il pianoforte è costituito essenzialmente da quattro parti: la cassa, la cordiera, la meccanica e i pedali. La cassa è costruita in legno (abete, pioppo, faggio) e presenta forma di arpa rovesciata nei modelli a coda e forma rettangolare (con disposizione orizzontale) in quelli verticali. La cordiera comprende l'insieme delle corde (in acciaio, e, quelle gravi, rivestite in filo di rame), l'armatura metallica su cui sono tese e la tavola armonica o di risonanza, che ha funzione di rinforzare le vibrazioni delle corde. La meccanica è costituita dai tasti (nei pianoforti moderni l'estensione della tastiera è di sette ottave) e dal sistema di leve che trasmette il movimento del tasto al martelletto. (Il sollevamento del tasto fornisce, attraverso un complesso sistema di leve, la spinta al martelletto il quale batte la corda e ritorna nella posizione iniziale; fa scostare lo smorzatore che lascia libera la corda di vibrare non appena ricevuto il colpo dal martelletto; innalza il paramartello[asticella rivestita di feltro duro], che accoglie il martelletto nella sua ricaduta, mantenendolo in una posizione intermedia fintanto che il tasto rimane abbassato.) I pianoforti moderni hanno anche un dispositivo a doppio scappamento(ideato da S. Erard), che arresta la ricaduta del martello alla metà del percorso, permettendo di ottenere una nuova percussione prima che il tasto ritorni in posizione di riposo. I pedali sono generalmente due: quello di destra, detto anche del forte, serve a mantenere gli smorzatori staccati dalle corde, ottenendo così il prolungamento della vibrazione di queste anche dopo che il tasto è stato abbandonato dal dito; quello di sinistra, detto anche impropriamente del piano, ha invece la funzione di attutire il suono e di modificarne il timbro. Alcuni pianoforti verticali sono muniti di un terzo pedale, detto sordina, che serve quasi ad annullare (mediante l'inserimento di una fascia di feltro tra i martelletti e le corde) la sonorità dello strumento e che è usato esclusivamente per fini pratici. Esiste infine il pedale tonale, applicato a taluni pianoforti, che consente di prolungare la durata dei singoli suoni, indipendentemente dagli altri. (Quest'ultimo pedale, inventato dal costruttore francese Debain per l'armonium, fu perfezionato e adattato al pianoforte da Steinway.)
Il pianoforte, che non incontrò inizialmente il favore dei costruttori e dei musicisti, si affermò nel decennio 1770-1780, quando già numerose varianti e perfezionamenti vi erano stati apportati (maggiore sonorità ed estensione della tastiera, meccanica più agile, ecc.). Tra i primi musicisti che, svincolandosi definitivamente dallo stile clavicembalistico, dedicarono composizioni a questo strumento si ricordano M. Clementi, considerato il fondatore della moderna scuola pianistica, Mozart, Haydn. Successivamente, oltre a una pleiade di autori minori, che operarono più che altro nel campo delle ricerche tecnicistiche o che svilupparono un virtuosismo brillante, fondamentale contributo alla letteratura pianistica fu dato da Beethoven, Schubert, Weber, Mendelssohn, Schumann, Chopin, Liszt, Brahms, e in epoca moderna da Debussy, Ravel, Busoni, Bartók, Prokofiev, Stravinskij, Hindemith, Schönberg, ecc.
Tra le più importanti e rinomate fabbriche moderne di pianoforti sono, in Germania, la Bechstein, la Blüthner, la Steinberg; in Francia, la Erard, la Pleyel, la Gaveau; in America, la Steinway; la Anelli, la Schulz & Pollmann e la Tallone, in Italia.